Da questo 2016 ho avuto l'onore di essere selezionato come "Vagabondo Doc" per una piccola agenzia di viaggi di cui ho scoperto l'esistenza per merito di un amico, Marco. Un agenzia di viaggi che gode di una certa etica.
Da pischello ho inzìato a viaggiare e scoprire il mondo spostandomi con i treni, per tutta l'Europa. La bibbia era il Thomas Cook: un librone rosso, grosso e massiccio che riportava tutti gli orari di tutti i treni di tutte le città d'Europa. Non c'era Internet a portata di mano. Niente smartphone. Se andava di lusso c'era un Internet Point in qualche angolo ed il viaggiare che si viveva era un viaggiare spartano. Molto spartano. Meravigliosamente ignorante. Il viaggiare in inter-rail era un sopravvivere bazzicando di città in città spesso rincorrendo mete e obiettivi privi di senso. Come quando ho visitato Galla Town in Galles, solo perché ne avevo scoperto l'esistenza. Viaggiavo con pohi amici stretti. 3 era il numero perfetto. Perchè si. E non davo tanto peso alla storia di una città piuttosto che alle relative parti turistiche perchè troppo giovane e rapito dall'adrenalina del semplice vivere la libertà nell'esperienza di un ostello tra cibi e saporti nuovi o dalla sfida che una barriera linguistica poteva lanciare. Pura adrenalina.
Poi con il tempo ho cominciato a viaggiare da solo, cercando un livello di intimità superiore. Ed un feeling di avventura senza eguali. Viaggiare in solitaria significa mettersi alla prova, imparare a contare su se stessi ed anche (ri)conoscere i propri limiti. Significa inoltre imparare a stare con se stessi. Alcuni a volte realizzano che non ne sono in grado. Sembra assurdo ma capita, ed è normale. Soli è il modo migliore per avere la possibilità di vivere una cultura diversa entrando in situazioni che spesso un viaggio in gruppo non può offrire. Un invito a cena offerto da una famiglia indiana conosciuta su un treno notturno. Una partita a domino alla Victory Train Station di Londra con Jack: un barbone senza gambe con cui scambiare quattro chiacchiere, il tabacco e parlando di come ha perso le gambe durante lo scoppio di una bomba durante una manifestazione. O di un ragazzino adolescente che a Fez mi offriva il fumo e sul tetto di un edificio mi risponde "Ma io amo lo stesso Allah" abbassando un po' lo sguardo dispiaciuto. Gli chiesi perché fumasse sigarettee e se la sua religione lo permettesse.
Ora dopo anni ed anni di viaggi in solitaria ho cominciato un viaggio nel viaggio grazie a questa opportunità di leadership. Ed ho scoperto quanto anche il viaggiare in gruppo sia eccezionale. Contro ogni aspettativa. Temevo in forti perdite di libertà nel muovermi. E di perdere anche quelle occasioni del viaggiare in solitaria sopra accennate. Ma ho realizzato che viaggiare in gruppo è semplicemente un ennesimo modo di viaggiare e che quello che magari non c'è in un viaggio in solitaria è sostituito, corrisposto, ripagato da quelle altre caratteristiche che solo un viaggio di gruppo organizzato può offrire. Ho imparato a studiare ed approfondire aspetti dei luoghi che in altre occasioni sarebbero stati solo luoghi visitati superficialmente. Ho imparato a mettermi alla prova ma non per me stesso, ma per un gruppo che conta su di me. Ed ho imparato a (ri)conoscere il significato di gruppo che sappia stare bene con se stesso. A volte ci sono gruppi che realizzano di non esserne in grado. E' normale anche questo.
Persone che non si sono mai viste prima allacciano dei rapporti che descrivere con le parole è impossibile. A volte al punto di lasciare un nodo in gola difficile da mandare giù quando ci si trova davanti all'ultimo saluto prima di dividersi. Ed è un'esperienza che riesce a generare un'energia tale che a distanza di tempo l'occasione di ritrovarsi per una cena piuttosto che per una birra è un'occasione d'oro.
Con questo insomma voglio solo dire che non importa se si viaggia come cani sciolti tra le stazioni dei treni o come lupi solitari. Non importa se soli o in compagnia. L'importante è viaggiare.